Troppo amore può ucciderti… ma anche non averne affatto. Anche solo pensare ad una sequenza di parole, con risvolti emotivi annessi, come questa ti catapulta nel mondo dei giganti della musica, o in senso lato della composizione. Freddy Mercury, indiscusso titano della storia della musica non si è mai limitato a cantare; no, lui scriveva musica!
Leader e frontman dello ancor più storico gruppo rock dei Queen, Freddy ha portato in giro per il mondo la magia delle sue canzoni tuonando al mondo ballate immortali destinate ai vangeli musicali d’ogni tempo.
Con Bryan May, Roger Taylor e John Deacon (rispettivamente chitarrista, batterista e bassista del gruppo) ha rappresentato due facce di una medaglia unica e inimitabile; da un lato quello di un avvento musicale nuovo come non mai, in grado di mescolare energia pura frammista a sentimenti pulsanti e struggenti di fattura pregiata; dall’altra quella di un esempio per gruppi futuri a non finire ed in generale per artisti di qualunque gusto musicale.
Amato e venerato da ogni artista a lui contemporaneo e seguente, è stato fra i pochissimi che ha ricevuto l’onore di un concerto memoriale per la sua ventennale carriera. In più, vent’anni sono sicuramente assai pochi visto quello che sicuramente avrebbe potuto dare ancora al mondo.
Polistrumentista, scrittore e cantante dalle doti canore inarrivabili si è sempre distinto per la potenza vocale disumana, quasi più vicina alla musica lirica che a quella rock, ma anche per la capacità di dar vita a testi magici, ribelli, sfrontati, ora malinconici ora vittoriosi. Inni da stadio che hanno trasceso gli orizzonti musicali estendendosi ad ogni aspetto della vita. Si pensi a We are the champions, simbolo ancora oggi della “vittoria” in senso massimo.
Proprio come nella sua musica, anche la sua vita si è sempre arricchita di ogni sfumatura di “diversità”. Non ha mai fatto mistero di essere omosessuale, né di fare uso di droghe leggere e pesanti. Feste sovversive e al limite di ogni decenza erano all’ordine del giorno per lui e nonostante le sue scelte lo abbiano condotto al tragico finale d’aver contratto la terribile malattia che “ce lo ha portato via”, ancora oggi rappresentano per chi lo ama solo una sfaccettatura di una figura musicale e sociale inimitabile e adorata senza pari.
La già citata “We are the champions” insieme a capolavori del calibro di bohemian rhapsody, somebady to love, I want to break free, Who wants to live forever, show must go on, innuendo, don’t stop me now, crazy little thing called love, sono solo alcune delle scie luminose del suo immenso e troppo breve cammino nel nostro mondo.
Una cosa è certa. Un giorno tutti noi ci riuniremo a lui e di sicuro lui sarà lì ad aspettarci con la sua voce a spianarci la strada.
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