“È arrivato il giorno, quello in cui decidi che è finita per davvero“. Inizia così la lettera con cui Antonio Cassano ha dato addio, per l’ennesima e a quanto pare definitiva volta, il calcio. Parole pubblicate sul profilo Twitter della moglie, Carolina Marcialis, intrise di tristezza ma anche di orgoglio. “Ringrazio il presidente Gozzi e i ragazzi dell’Entella per l’occasione che mi hanno concesso. Gli auguro tutto il meglio. In questi giorni di allenamento però ho capito che non ho più la testa per allenarmi con continuità. Per giocare a pallone servono passione e talento, ma soprattutto ci vuole determinazione e io in questo momento ho altre priorità“.
Era ritornato ad allenarsi con la squadra di Chiavari, che oscilla tra Serie B e Lega Pro. Giorni di allenamento, di rinnovata voglia di mettersi in gioco, poi il dietrofront. L’estate scorsa la stessa pantomima, con la maglia dell’Hellas Verona: prima l’accordo, poi la volontà di lasciar perdere, il dietrofront e infine la risoluzione del contratto.
“Voglio ringraziare tutti i compagni di squadra di questi anni – continua Fantantonio – gli avversari, gli allenatori e dirigenti (sì, certo, anche quelli con cui qualche volta ho litigato). Ma soprattutto voglio salutare i tifosi, quelli dalla mia parte e anche gli avversari, perché senza di loro il calcio non esisterebbe. Il pallone mi ha dato tantissimo. Mi ha fatto conoscere persone magnifiche, grandi campioni e gente comune“.
E anche lui ha dato tantissimo al calcio. Più di 100 gol in carriera, 10 sigilli con la maglia della Nazionale. Una serie infinita di follie e magie.
Tutto iniziò in quel freddo dicembre, a Bari, la sua Bari, contro l’Inter, con il gol vittoria all’88esimo minuto.
Poi fu la Roma, dopo lo scudetto del 2001, per 60 miliardi di euro, strappato proprio alla Juventus. E qui fu la folgorazione. Francesco Totti è al massimo del suo splendore, si prende Cassano e se lo porta in casa. Vivono insieme fuori e dentro al campo, dove si trovano a perfezione, parlano una lingua tutta loro. È l’apogeo di FantAntonio, fatto di bandierine spezzate e passaggi ad occhi chiusi, di cartellini rossi ma anche gol strepitosi. E dalla vetta però, potrà solo cadere. Litiga con il Capitano (con cui farà pace più tardi, rimanendo sempre nella testa del Pupone: “Cassano è il calciatore più forte con cui ho giocato”), si logora il rapporto con la società. Se ne va al Real Madrid dove gli affibbiano il soprannome di “El Gordito” e dove arriva il sergente di ferro Fabio Capello. La storia d’amore, mai cominciata, finisce dopo appena due anni.
Ma è da queste ceneri che risorge Cassano. Torna in Italia, alla Sampdoria, e va in doppia cifra per tre anni di fila. Cassano torna in Champions, in Nazionale, in finale di Coppa Italia. Poi di nuovo la bufera: ad ottobre 2010 viene messo fuori rosa per “comportamento gravemente offensivo e irrispettoso” nei confronti del presidente Riccardo Garrone. Finisce anche qui la favola, che riprenderà solo ad intervalli a Milano, sia all’Inter che al Milan, e poi al Parma. Il resto è cronaca dei nostri giorni.
“Ancora oggi quando mi capita di vedere una qualsiasi partita resto ipnotizzato. E’ il gioco più bello che c’è. Sì, lo so, con un altro carattere avrei potuto vincere di più e giocare meglio, ma credetemi, ho vissuto comunque emozioni incredibile e oggi ho accanto a me le uniche cose che contano davvero. La mia famiglia, gli amici e zero rimpianti. Adesso comincia il secondo tempo della mia vita”. Con un altro carattere però non sarebbe stato Cassano, quel pazzo e magico giocatore che ci ha illuso, è vero, ma ci ha fatto anche impazzire.
“Il calcio mi ha tolto dalla strada, mi ha regalato una famiglia meravigliosa e soprattutto mi ha fatto divertire da matti“. Come te a noi, caro Fantantonio. E allora solo una parola: grazie.
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