Dopo 18 anni di amore, Daniele De Rossi ha detto addio alla sua Roma. L’ultima partita è stata Roma Parma, un abbraccio straziante e bellissimo con la sua gente, con il suo popolo, con i suoi tifosi.
“Ho un unico rimpianto, quello di donare alla Roma una sola carriera”. Questa la frase più famosa di DDR per sancire la sua storia nella Capitale. Che noi proviamo a rivivere in questi brevi flash, in base al ruolo e all’allenatore.
GLI INIZI
10 anni, Ostia Mare. Categoria Esordienti e poi Giovanissimi. Daniele è un ragazzo non particolarmente alto per la sua età, ma agile, veloce. E con un piede niente male. Gioca in attacco, senza avere una collocazione fissa. Punta, trequartista, esterno. Giocare da attaccante lo ha aiutato molto, ammette, sia quando in zona gol sia a livello tecnico-tattico: un attaccante non ha mai tantissimo tempo per giocare il pallone, ha sempre un difensore alle spalle. La prima chiamata della Roma arriva nel 1993 e De Rossi finisce di mister Mauro Bencivenga, è lui a cambiarli il ruolo, da attaccante a mediano davanti alla difesa.
Sarà con Fabio Capello, invece, che assaggerà il campo per la prima volta. L’esordio arriva con l’Anderlecht in Champions League, il 30 ottobre 2011, giocando da interno di centrocampo.
L’ESPLOSIONE
Il vero padre tattico di De Rossi, però, è Luciano Spalletti. Con il tecnico di Certaldo sulla panchina della Roma, tra il 2005 e il 2006 Daniele cresce in maniera esponenziale. Già il fisico comincia ad essere diverso, più robusto, perfetto centrocampista di intensità e legna. La coppia che Spalletti crea con David Pizarro è fenomenale. I due si completano alla perfezione.
È qui che De Rossi diventa il centrocampista più forte del momento. Lo paragonano a Gerrard, vince un campionato del Mondo con l’Italia, alza al cielo Coppe Italia e Supercoppe con la sua Roma.
È il suo momento d’oro.
VERSO LA FINE
Già con Ranieri e con Montella, De Rossi cambia il suo modo di giocare. Si abbassa, diventa più statico, il dinamismo dei tempi di Capello è ormai cancellato. Sarà con Luis Enrique che la sua metamorfosi tattica arriva a compimento. Il tecnico ex Barcellona lo vede perfetto nel ruolo che in Blaugrana era di Javier Mascherano: abbassarsi nei due difensori centrali, far partire l’azione dal basso.
Un ruolo che piacerà tantissimo anche ad Antonio Conte, sulla panchina della nazionale. E che per molti si sarebbe potuto replicare anche in giallorosso. I sogni, però, e le favole, durano fino a mezzanotte. Conte ha snobbato la Roma e De Rossi, sembra strano dirlo, non giocherà più in giallorosso.
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